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  • Immagine del redattoreI MINI GIORNALISTI

CURIOSITÀ

Aggiornamento: 26 feb 2019

Quante volte avete sentito parlare di questo affascinante fenomeno?

E quante serate avete trascorso con gli occhi al cielo in attesa di veder passare una scia luminosa alla quale esprimere un desiderio?





Sarete sorpresi scoprendo che in realtà, a dispetto del nome, le stelle cadenti non hanno nulla a che vedere con le stelle vere e proprie.


Le stelle cadenti non sono corpi celesti che brillano di luce propria, ma frammenti di meteoriti o corpi luminosi che prendono fuoco una volta raggiunta l’atmosfera terrestre.

A causa dell’attrito, cioè della velocità con cui questi frammenti dallo spazio raggiunge l’atmosfera, le meteore prendono fuoco, apparendo ai nostri occhi come scie luminose, che poi scompaiono nel cielo.




Magia? No, è scienza!!!





Curiosità sulle curiosità


Le stelle cadenti sono anche chiamate “lacrime di San Lorenzo”, dalla notte del dieci agosto, in cui si celebra il santo che porta questo nome.

La scelta di questa data risale a tempi antichissimi, ed ha interessato Greci, Romani e persino i Cinesi, che pensavano che le stelle comete portassero sfortuna!


Questione di punti di vista . . .😜


Ma cosa accade nel cielo la notte di San Lorenzo?

Uno sciame di meteore, chiamate PERSEIDI, attraversa il cielo, rendendosi visibile a noi che alziamo gli occhi dovunque ci troviamo, esprimendo un desiderio nella calda notte del 10 agosto.

A proposito . . . sapete perché volano desideri a San Lorenzo?


La parola desiderio deriva dal latino de-sidus, cioè mancanza di stelle. Per gli antichi le stelle erano preziosi punti di riferimento e quando non erano visibili gli uomini speravano che una stella cadente portasse un po’ di luce nella temibile oscurità.


Vi lasciamo con un estratto di una bella poesia sul tema, composta da uno scrittore italiano che studieremo alle scuole medie !


“San Lorenzo, io lo so perché tanto di stelle per l’aria tranquilla arde e cade, perché sì gran pianto nel concavo cielo sfavilla.”

(Giovanni Pascoli)








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